Alcune notizie significative….
In questi ultimi giorni si registra un cambiamento di atteggiamento abbastanza netto verso la Siria da parte di alcune nazioni come la Turchia e i tentennanti Stati Uniti. In seguito ad un viaggio in America, il premier turco Erdogan ha stemperato i suoi attacchi nei confronti del regime siriano alludendo alla possibilità che Assad, pur non facendo parte del governo di transizione, possa rimanere a Damasco per poi partecipare alle future elezioni in programma per il 2014. Si è così passati dalla condizione irrinunciabile dell’esilio del rais a posizioni più sfumate e, secondo alcuni, per ovvi motivi:
la tenacia del regime siriano, ben saldo al potere dopo più di due anni di scontri.
il sostegno internazionale della Russia e l’atteggiamento timoroso degli Stati Uniti di armare l’opposizione per il rischio che armi tecnologicamente avanzate finiscano in mano a gruppi estremisti.
la vicinanza con Israele, con il fragile Libano e con il traballante Iraq che, nonostante la situazione sia già tragica, lascia spazio ad un ulteriore peggioramento (infatti, non si sa quali conseguenze possano portare politiche aggressive ed interventi armati).
Resta comunque evidente la difficile applicazione di una soluzione politica, anche per problemi tecnici, come il sistema per garantire la fine degli scontri e giungere ad una pacificazione temporanea che consenta lo svolgimento delle elezioni e una transizione verso la democrazia.
“Non vogliamo sorprese”, sembra questo lo slogan ufficiale delle prossime elezioni iraniane. Con l’allontanamento dalla competizione elettorale di Rafsanjani e Mashaei infatti, restano in lizza per la poltrona di presidente solo otto candidati abbastanza graditi alla guida suprema Ali Khamenei. Si vuole così precludere ogni iniziativa di stampo riformista, che possa portare ad un allentamento del potere detenuto dai conservatori religiosi.
Sicuramente per una parte della popolazione che non vede possibilità di alternative in una scelta così ristretta, le elezioni perdono di significato e aumenterà così il malcontento per una situazione economica disastrosa.
Chi detiene il potere è ben consapevole di questa insoddisfazione, per cui si premunisce per evitare disordini e proteste, come già avvenne nel 2009, e non lascia margini di manovra a qualsiasi tentativo di cambiamento.
Infine, l’opinione di al-Quds che, parlando della visita del presidente Morsi ad Addis Abeba, risolleva la questione del Nilo e dei contrasti tra i Paesi africani del bacino del grande fiume: l’Egitto e il Sudan del Nord non controllano infatti le sorgenti della loro più importante fonte idrica.
Il quotidiano lamenta una mancata unità tra i Paesi arabi e il loro disinteresse verso nazioni quali l’Etiopia, che ha consentito l’infiltrazione nel territorio di Israele, la cui politica estera ambiziosa ha avanzato una serie di progetti per costruire dighe e sbarramenti per la produzione di energia elettrica. Tutto questo modificherebbe la portata del fiume e implicherebbe anche la ridistribuzione delle quote di sfruttamento delle acque che, fino ad oggi, vedevano nell’Egitto il principale fruitore.