La livella
Alcuni dei commenti apparsi in questi ultimi giorni sui giornali arabi trattano del ruolo centrale svolto dallo “Stato islamico in Iraq e nel Levante” (ISIS, o meglio داعش in lingua araba) nello scompigliare le carte del conflitto in corso sia in Iraq che in Siria. Dopo la sua rivendicazione dell’attentato che ha colpito la zona controllata da Hezbollah a Beirut inoltre, anche il Libano sembra entrato tra gli obiettivi di questa organizzazione terroristica.
Il disegno che guida le attività dell’ISIS è ben manifesto nel suo stesso nome: creare un califfato che si basi sull’osservanza più stretta dei principi della sharia, e che si estenda nel cuore del M.O. cancellando i confini nazionali risalenti all’epoca del colonialismo occidentale. Un’utopia retrospettiva che trova la sua ispirazione nel periodo dei primi califfi islamici.
Non è ben chiaro come l’ISIS sia giunto ad acquisire un’importanza tale da contrastare l’esercito iracheno e svolgere un ruolo centrale in Siria. Un numero imprecisato di combattenti stranieri, provenienti dal Maghreb islamico, dalla penisola arabica, dalla Cecenia e dalla Bosnia ne costituiscono, secondo alcuni analisti, l’ossatura principale.
E’ ben chiaro invece chi ne ha tratto beneficio.
Secondo Michel Kilo, noto attivista siriano, la comparsa e l’espandersi dei gruppi estremisti rappresenta un grande successo per il regime siriano. In quanto (così scrive sul Asharq al-Awsat sabato 04 gennaio) ISIS e Jabahat al-Nusra sono riusciti ad annientare la componente pacifista e democratica della rivoluzione ed a sequestrarne le giuste rivendicazioni di libertà, dandole una connotazione di violenza incontrollata il cui ingrediente principale è il terrore, imposto con vessazioni e sequestri di civili e combattenti che non sposano la loro folle intransigenza. Sembra quasi che questi gruppi agiscano per procura del regime, combattendo il Libero Esercito Siriano e le componenti più equilibrate della rivoluzione. Kilo adombra pure l’ipotesi di connivenza col regime, in quanto sono rari gli scontri registrati tra queste milizie e l’esercito siriano.
Sicuramente è vero che l’ultima preoccupazione dell’ISIS sia la lotta per la democrazia.
Dello stesso tenore l’articolo di Elias Harfoush apparso sul numero di al-Hayat di domenica 05 gennaio.
A beneficiare dell’improvvisa comparsa dell’ISIS in Iraq è il premier iracheno al-Maliki, che ha deciso la linea dura per sopprimere le proteste nel governatorato di al-Anbar, provincia a carattere sunnita che mal sopporta un governo sciita appoggiato dall’Iran. La presenza di questa organizzazione terroristica ha così permesso di relegare in secondo piano quelle che erano proteste pacifiche, legittimando l’intervento dell’esercito e la richiesta di aiuti rivolta agli americani in nome della lotta al terrorismo.
Stesso discorso per la Siria: la rivoluzione non è altro che una guerra portata avanti da gruppi armati che seminano il terrore; si attenuano, o scompaiono, sia le barbarie del regime sia le richieste di libertà e democrazia.
In Libano Hezbollah, avendo subito un attentato rivendicato dall’ISIS e ritenendosi quindi vittima del terrorismo, ha potuto mettersi allo stesso livello del raggruppamento “14 marzo”, suo tenace avversario politico, di cui l’ex ministro Shatah assassinato una settimana prima era esponente di spicco. Poco importa che Hezbollah sia una milizia armata che combatte anche in Siria e che alcuni suoi membri siano accusati di aver ucciso l’ex premier Hariri.
L’ISIS contamina i territori in cui si insinua, rendendo inutili discernimenti e analisi approfondite: tutti terroristi, in Siria e nelle province sunnite irachene. Anche in Libano ha agito da livella, rendendo uniformi partiti moderati ed estremisti, e mettendo in secondo piano i sospetti e le accuse rivolte ad Hezbollah di essere il mandante degli ultimi assassinii politici.
Per questo, sostiene Ghassan Charbel sul numero di lunedì del giornale al-Hayat, l’elenco di quelli che dovrebbero mandare una lettera di ringraziamento all’ISIS è molto lungo. Oltre ai già citati governo iracheno e regime siriano, si aggiunge l’Iran, che può continuare a sperare che il regime siriano, suo alleato, si mantenga saldo al potere in quanto male minore rispetto alla brutalità dell’ISIS.
Per non parlare poi della possibilità di ampliare la sua influenza in tutto il M.O. e di creare altro terreno comune con gli Stati Uniti, anche loro beneficiati dal fatto di potersi così lavare le mani rispetto al problema siriano e disimpegnarsi dal prendere decisioni politiche e militari dispendiose.
E infine la Russia, che potrà così fare di Ginevra una conferenza per la lotta contro il terrorismo.