Damasco, una citta’ che assedia se stessa
E’ apparso oggi sul quotidiano al-Hayat un servizio (qui l’articolo originale) a firma Mazen Aazzi, che descrive il tormento degli abitanti di Damasco che devono affrontare quotidianamente i numerosi posti di blocco.
File lunghissime di macchine, che aumentano col passare delle ore. Passeggeri snervati anche dal caldo, a causa delle temperature che raggiungono i 40°. Un silenzio irreale e anomalo, in quanto nessuno osa suonare il clacson o protestare, che permette di sentire i rumori delle esplosioni in lontananza.
Sono pochi i varchi aperti che permettono di accedere alla capitale. La maggior parte degli accessi secondari è bloccata da carri armati e sbarramenti di sacchi di sabbia.
Questo isolamento totale dalla campagna circostante richiama alla mente la città vecchia e le sue sette porte, e il suo ruolo di città stato.
Non sembra ci siano regole ben precise durante i controlli presso questi posti di blocco; dipende dall’ufficiale di turno il loro attraversamento senza perquisizioni oppure l’obbligo di scendere, rivolto anche ai passeggeri dei bus. In tutti i casi, i luoghi di provenienza delle persone desiderose di attraversare questi varchi ha un ruolo importante nel determinare il modo in cui vengono visti. Arrivi da Duma o da un altro sobborgo che ha la fama di essere legato alla rivoluzione o in cui ci sono stati scontri e subito vieni guardato con sospetto; per non parlare degli arresti arbitrari. Anche il nome di famiglia ha un peso non indifferente, e può portare ad approfonditi controlli. Nulla di nuovo per un regime che fa delle classificazione settarie lo strumento per identificare i suoi nemici.
Oltre al controllo e alle perquisizioni condotte per evitare l’introduzione di armi e di esplosivi, i posti di blocco servono a non far passare alcun tipo di fornitura alimentare e medicinale verso le zone circostanti che sono in subbuglio. Ad oggi, è vietato anche portare il pane verso i villaggi limitrofi.
Questa situazione coinvolge molti impiegati che si recano a lavorare nella capitale: una volta giunti in città, possono soddisfare tutti i loro desideri, mentre gli risulta impossibile portare qualsiasi alimento alle loro famiglie che risiedono nei vicini sobborghi.
I posti di blocco sono numerosissimi e gestiti sia dagli apparati di sicurezza , sia dall’esercito, sia dai volontari dell’Esercito di Difesa Nazionale. È quindi difficilissimo spostarsi da una zona all’altra, e le ore di attesa sono tante. Molti optano per andare a piedi e, fino a poco tempo fa, erano molto usate le biciclette, senonché la prefettura di Damasco le ha vietate per ragioni di sicurezza.
In sostanza, una città isolata dal resto del mondo, anzi il suo mondo ristretto e limitato è rappresentato dai suoi stessi confini, una città che assedia se stessa.