Ginevra 2: di cosa si parlera’?
Non è ben chiaro quale sarà il programma dei lavori della seconda Conferenza di Ginevra, che dovrebbe iniziare il 22 gennaio. Non è nemmeno chiaro chi vi parteciperà: quali gruppi dell’opposizione siriana? quali rappresentanti del regime di Damasco?
La lista degli Stati che presenzieranno ai lavori è molto lunga e va dai membri della Comunità Europea, agli Stati Uniti, alla Russia, alla Turchia. Assente l’Iran.
L’obiettivo principale dovrebbe riguardare la risoluzione del conflitto siriano, rendendo esecutivi i presupposti della Prima Conferenza attraverso la formazione di un governo di transizione con pieni poteri, che gestisca il passaggio verso una nuova costituzione, nuove elezioni e un nuovo governo.
La violenza del conflitto, nonché la comparsa di nuovi attori, come i gruppi estremisti collegati ad al-Qaeda che hanno preso il sopravvento sul libero esercito siriano, lasciano presupporre che si parlerà molto di terrorismo. Sembra inoltre che la condizione irrinunciabile dell’abbandono di Asad sia ormai passata in secondo piano.
Le strategie spregiudicate del regime, le indecisioni e le preoccupazioni economiche dell’Occidente, la costante paura del terrorismo e gli interessi geo-politici contrastanti delle diverse potenze regionali (Iran, Arabia Saudita e Turchia) hanno spostato l’attenzione e portato al naufragio le originali, legittime richieste di democrazia e di maggiore libertà avanzate dalla maggioranza del popolo siriano; ambizioni frustrate da una politica internazionale molto realista.
Non per fare le cassandre del momento, ma era evidente che in una zona calda come quella medio-orientale in cui le rivendicazioni storiche di intere popolazioni s’intrecciano con interessi economici e strategici, uno slancio di ideali verso concetti come libertà e democrazia avrebbe provocato una reazione incontrollata. Molte adesioni, a parole; nei fatti però la rivoluzione siriana è diventata ostaggio di forze che l’hanno sequestrata, nel vero senso della parola, per portare avanti i propri progetti politici o semplicemente criminali.
Non si dimentichi che tutto è iniziato con la semplice richiesta di maggiore democrazia e di una politica più onesta e meno corrotta. Il risultato sono oltre centomila morti, più di sette milioni tra rifugiati e profughi interni, l’impunità per chi si è macchiato di delitti orribili e, probabilmente, l’aborto dell’idea iniziale per cui in tanti si erano mobilitati.
Arrivati a questo punto, meglio mirare basso e sperare che dalla Conferenza di Ginevra esca un ‘cessate il fuoco’, che metta fine a questo massacro e che consenta di intervenire massicciamente sulle condizioni disperate, al limite della sopravvivenza, in cui giacciono milioni di siriani.
Di democrazia se ne parlerà la prossima volta.