La storia di una fabbrica racconta la storia della Siria contemporanea
Oggi sul quotidiano al-Hayat è apparso un bel articolo, a firma Mazen Azi, in cui si raccontano le vicende della fabbrica Thameco.
Thameco è l’acronimo di “The Arab Medical Company” ed è il nome di un’industria farmaceutica nata negli anni cinquanta e dedita alla produzione di farmaci per l’infanzia e per uso veterinario. Dava lavoro a centinaia di persone e aveva anche diverse filiali all’interno del Paese. È stata nazionalizzata negli anni settanta e ormai ha cessato la produzione nel suo stabilimento principale che si trova presso la città di Maleha, nella Ghouta orientale di Damasco. Questo a causa della rivoluzione, che ha reso difficile ogni tipo di approvvigionamento dei materiali e di distribuzione dei farmaci prodotti.
Nell’aprile 2011 gli abitanti della zona avevano deciso di giungere fino a Damasco per manifestare a favore della rivoluzione, ma il regime, avendolo saputo, si era mosso in anticipo chiudendo le strade di accesso alla capitale e creando una sorta di sbarramento molto esteso, che aveva il suo fulcro nella Thameco appunto. La posizione strategica della fabbrica infatti, la rende un passaggio obbligato verso sud per chi si dirige nella Ghouta orientale; inoltre, è nelle vicinanze della strada per l’aeroporto. Così la vecchia industria farmaceutica si è trasformata in una base militare fondamentale per isolare i villaggi insorgenti e per controllare l’area, nonché in un centro di detenzione.
Il 19 ottobre alcune forze dell’opposizione hanno sferrato un attacco a questa postazione. Tale Abu Shamal, appartenente al Jabhat al-Nusra, si è introdotto nel perimetro della fabbrica con un’auto bomba e l’ha fatta detonare. Ne è subito scaturita una battaglia, a cui hanno partecipato diversi reparti dell’opposizione, tra cui il da poco costituito Esercito dell’Islam. I morti accertati sarebbero trenta.
Si è quindi attuata una specie di alleanza temporanea tra le varie anime della rivoluzione: Jabhat al-Nusra ha messo a disposizione gli attentatori suicidi e l’esplosivo, mentre le altre fazioni si sono occupati degli altri aspetti logistici, come appunto bombardare e attaccare il sito dell’attentato.
All’interno della struttura sono state trovate diverse attrezzature per la produzione di medicinali nonché dosi di atropina, che sarebbero stati di vitale importanza per curare le vittime dell’attacco chimico sferrato dal regime il 21 agosto. È stato rinvenuto inoltre numeroso materiale bellico e i cadaveri, verosimilmente, di alcuni prigionieri.
L’esercito del regime, resosi conto dello smacco subito, si è subito adoperato per bombardare indiscriminatamente la zona dell’attacco, oltre che alcuni villaggi circostanti, provocando numerosi morti tra i civili. Inoltre si è fatto più serrato l’assedio alle zone occupate dai ribelli, allo scopo di ottenere il loro annientamento attraverso la privazione di qualsiasi alimento o aiuto. Damasco è ben consapevole del rischio che corre qualora le stesse operazioni belliche venissero attuate nei villaggi limitrofi, per arrivare a costituire una cintura territoriale unica, in mano ai ribelli.
Così si conclude la storia della Thameco, distrutta prima economicamente dalla nazionalizzazione corrotta del clan degli Asad, oggi materialmente rasa al suolo dai bombardamenti incessanti dell’esercito di Bashar.