Le fatwaa via satellite
Un articolo interessante è stato pubblicato il 02/06/2013 sul quotidiano arabo Al-Hayat e porta la firma di Khaled al-Hurub. Lo scrittore si sofferma sul fenomeno delle fatwà che vengono emanate da telepredicatori attraverso i numerosissimi canali satellitari.
Le fatwaa, pareri legali espressi da un giureconsulto detto muftì riguardanti i diversi ambiti della vita del musulmano, rappresentano una istituzione giuridica molto importante in ambito islamico.
Ultimamente si assiste a numerosi programmi in cui sedicenti muftì esprimono il loro giudizio su ogni tipo di argomento e questo, sostiene l’articolista, per influenzare e attrarre un maggiore numero di telespettatori e di conseguenza aumentare l’audience e i vari contratti pubblicitari dei canali interessati. Una specie di consumismo religioso-televisivo.
Si è instaurata così una sorta di competizione tra i muftì, che ha svilito l’istituzione giuridica, caratterizzata un tempo dalla ponderatezza e dall’esame accurato del contesto storico e sociale.
Nessuno di questi giurisperito, continua Khaled al-Hurub, possiede l’umiltà necessaria ad ammettere di non essere competente in una data materia e permettere così il nascere di zone d’ombra in cui l’ingegno umano prospera. Il non irrigidimento su ciò che e’ consentito o illecito (حلال أو حرام) ha coinciso con i maggiori periodi di prosperità scientifico-culturali del mondo islamico.
Con questa nuova manifestazione religiosa eccessivamente normativa (e in genere proibitiva) è nata una forma di “sacerdozio” finora sconosciuta al mondo islamico, una sorta di intrusione tra il credente e il suo Creatore, che intacca la libertà e la spontaneità che l’Islam aveva creato.
Tutto ciò è frutto delle nuove tecnologie delle comunicazioni, che si presuppone favoriscano la modernizzazione. In realtà, in mani sbagliate, favoriscono la nascita di una classe religiosa che impone il controllo e un eccesso normativo anche negli ambiti quotidiani più comuni.