Le speranze tradite della rivoluzione
Il regista siriano Haitham Haqi scrive un accorato appello sul giornale al-Hayat del 16/06/2013, affinché la rivoluzione siriana riprenda il suo corso originario, allontanandosi dalla deriva estremista che l’ha caratterizzata negli ultimi mesi. Questo intervento è anche un invito a costituire uno stato democratico laico. Certo, in un contesto tradizionalmente religioso come quello siriano, queste parole sembrano destinate a non avere un grande seguito. Comunque sia, sono stati ben 330 i lettori del sito del giornale che hanno espresso parere favorevole.
Qui di seguito la traduzione dei passi salienti dell’articolo.
Fin dai primi giorni, l’ingenua speranza di Haitham era che il regime cambiasse il suo atteggiamento autoritario e repressivo per soddisfare la richiesta di democrazia del popolo. Adoperandosi a scrivere articoli e interventi a sostegno del cambiamento, aveva un’estrema fiducia nel sentimento democratico, soprattutto da parte dei giovani che aspirano ad una società fondata sulla giustizia e sullo sviluppo. Il regime però, ha sfoderato la sua arma migliore: rifiutando il cambiamento, ha indossato i panni del paladino che combatte contro il complotto sionista-americano e contro l’estremismo religioso. In questo, l’hanno sicuramente aiutato sia la posizione degli americani nei confronti di alcuni gruppi rivoluzionari sia il suo opporsi ad armare i contestatori.
Non bisogna dimenticare inoltre l’atteggiamento dell’opposizione politica siriana che, per voce di Mu’adh al-Khatib, ha affermato che, dopo la caduta degli Assad, non è detto che il futuro della Siria sia la democrazia, in quanto la questione verrà decisa dalle elezioni. Come se i regimi dispotici non organizzino anch’essi le elezioni! In ogni caso, solo creando un sistema democratico si può sperare che le elezioni forniscano un vero sistema di alternanza imparziale che eviti l’instaurarsi di un sistema autoritario, militare o religioso che sia.
I siriani, da sempre sostenitori dell’unità nazionale, hanno dovuto fronteggiare il pericolo dell’estremismo religioso, sia all’interno dei cosiddetti territori liberati, sia riguardo gli alleati del regime. Tra quest’ultimi, l’Iran e la sua dottrina del governo del clero, che più di trent’anni fa ha preso in mano la rivoluzione, reprimendone i suoi caratteri civili e laici che avevano contribuito a destituire lo scià. Si è così passati da un regime autoritario ad un altro, sicuramente peggiore in quanto fondato sulla sacralità della religione.
Altro sostenitore di Damasco è Hezbollah, la cui matrice religiosa è presente nel suo stesso nome (partito di Dio) e che, sfruttando la lotta contro lo stato di Israele, ha in realtà portato avanti il suo progetto settario e il suo estremismo religioso.
Non dimentichiamoci poi di Hamas e dell’Iraq: il primo, nonostante non sia mai stato chiamato direttamente in causa ed abbia mantenuto un atteggiamento defilato, esprime comunque sempre una componente faziosa e fanatica; il secondo, a causa della corruzione e del controllo esercitato dal suo vicino iraniano, è diventato ostaggio dei movimenti religiosi, perdendo qualsiasi possibilità di trasformarsi in una democrazia.
Infine la Russia, il maggior sostenitore del regime. Alcuni hanno voluto far credere che la Russia sia un sostenitore della lotta contro Israele, mentre in realtà è uno dei suoi più importanti partner commerciali. Senza dimenticare la corrente estremista rappresentata dagli immigrati di origine russa.
Così, la rivoluzione siriana, nata per un desiderio di democrazia, si trova a fare i conti con cifre spaventose: circa 200.000 persone arrestate, più di 5.000.000 di sfollati, un milione e mezzo di rifugiati e più di 100.000 vittime; innumerevoli sono poi i feriti e incalcolabili i danni materiali.
Le minacce del regime di mettere a fuoco e fiamme il Paese si sono avverate, così come la diffusione dell’ estremismo.
E’ necessario che il popolo siriano si riappropri della sua rivoluzione. E’ necessario trovare una soluzione che freni la volontà del regime di trasformare la Siria in terreno di scontro tra i vari fanatismi. E’ necessario che la rivoluzione ritorni alla sua primordiale aspirazione: la costituzione di una società democratica, civile, aconfessionale, paritaria, con una netta distinzione e indipendenza tra i vari poteri. I siriani, portatori di una cultura millenaria, si riapproprieranno del loro destino e grideranno di nuovo ‘il popolo siriano è uno solo!’, allontanando estremismo e settarismo, portatori di divisioni.
Certo la strada da intraprendere è costellata di sofferenze e sarà alto il prezzo da pagare, ma il regista si dice sicuro che i siriani non perderanno la bussola poichè l’unico rimedio per salvare la loro nazione è la libertà.