L’oculista dallo sguardo appannato
A volte basta un semplice titolo per rendere chiara una situazione; gli eventuali chiarimenti e le dettagliate speculazioni nulla tolgono all’evidenza di quelle poche parole. E così il quotidiano al-Quds pubblica un articolo dal titolo “الأسد…طبيب عيون قصير النظر” corredandolo di una fotografia del rais siriano. Il titolo, la cui traduzione suonerebbe ” Asad… l’oculista dallo sguardo corto”, fa riferimento agli studi di oculistica portati a termine dal presidente siriano e allo stesso tempo alla sua mancata lungimiranza nell’affrontare la crisi che ha colpito la Siria. Tale appannamento nella capacità di leggere gli eventi la si deve anche alla tracotanza sua e del suo clan, da sempre abituati a spadroneggiare come una vera banda mafiosa, estranei a qualsiasi idea di democrazia o di nazione, arroganti e certi della propria superiorità e incolumità.
Sembra ripetersi lo stesso scenario che ha avuto come protagonisti Saddam Hussein e l’Iraq durante la prima guerra del golfo. Anche perché, se attacco ci sarà da parte dell’Occidente, non sarà certo un attacco mortale con invasione di terra, bensì una missione punitiva che ridia vigore all’opposizione e salvi la faccia degli Stati Uniti, che da sempre hanno tuonato contro l’uso di armi chimiche.
Un simile colpo il regime può anche sopportarlo, considerando l’appoggio quasi incondizionato della Russia, ma ciò non toglie che esso sia destinato a cadere.
Lo stesso uso delle armi chimiche non sembra una mossa disperata, forse segno che la pressione dei ribelli sia diventata più stringente?
Abbastanza certo è che Bashar Asad, come Saddam, non aveva previsto la reazione dell’Occidente di fronte alle immagini della strage compiuta nella Ghouta di Damasco; così come, a suo tempo, non aveva saputo prevedere il diffondersi della primavera araba in Siria. Inoltre, non ha trovato altri strumenti se non quelli della violenza e delle armi per risolvere la crisi. Non ha nemmeno esitato nel ricevere l’appoggio dell’Iran e di Hezbollah, mirando all’estensione del conflitto nei Paesi limitrofi, e facendo leva sullo scontro confessionale. Insomma, ha portato avanti scommesse sempre più rischiose pur di restare in sella.
A più di due anni dell’inizio della rivoluzione siriana, i morti hanno superato la soglia dei centomila, i rifugiati il milione ed un intero Paese è stato distrutto nelle sue infrastrutture e nel suo tessuto sociale. Si sono acuite le tensioni settarie e il contagio ha colpito ormai sia il Libano che l’Iraq. La Siria non sarà più come prima o forse in un prossimo futuro non esisterà nemmeno più.
Un bilancio disastroso per un persona che all’inizio della sua “elezione” veniva definito come il portatore di una ventata di rinnovamento per tutto il M.O.
Forse Asad non cadrà domani, forse nemmeno tra un anno, ma sicuramente verrà ricordato come un dittatore sanguinario e insensibile di fronte alla distruzione della Siria, incapace di vedere gli eventi se non attraverso le lenti della arroganza e della presunzione e non sicuramente attraverso uno sguardo perspicace e lungimirante.