Pressioni psicologiche?
Il quotidiano al-Hayat riprende le notizie diffuse dal “New York Times” e dal “Wall Street Journal” che accennano ad una possibile svolta militare degli Stati Uniti nei confronti delle crisi siriana.
Dopo il fallimento dei colloqui di Ginevra e vista l’ostinazione della delegazione siriana nel non voler giungere ad alcun compromesso politico, rimangono solamente le opzioni militari rappresentate per lo più dalla forniture di armi ai gruppi ribelli “moderati”, evitando quindi un coinvolgimento attivo delle forze statunitensi. Sembra inoltre che l’amministrazione Obama abbia ripreso in mano anche i piani per imporre una zona di divieto di sorvolo aereo, che dovrebbe interessare soprattutto la zona meridionale della Siria al confine con la Giordania. Proprio in Giordania dallo scorso anno sono presenti batterie di missili “Patriot” e aerei F16 in grado di lanciare missili a lunga gittata senza varcare il confine siriano.
Le notizie sono tuttavia incerte e, a possibili conferme, si succedono smentite. La Reuters ad esempio riporta la dichiarazione di un alto responsabile americano, al seguito di John Kerry nella sua visita diplomatica a Tunisi, che afferma il rifiuto degli americani di fornire armi tecnologicamente sviluppate, come i missili spalleggiabili terra-aria, all’opposizione siriana.
Altre notizie non ancora verificate o supportate da incertezze sono quelle che accennano ad una prossima grande battaglia che vedrebbe come obiettivo la capitale siriana. Sarebbero migliaia i combattenti addestrati in Giordania sempre dagli americani, combattenti che sarebbero pronti a varcare il confine meridionale nei pressi di Daraa per dirigersi verso Damasco. A sostegno di questa ipotesi c’è comunque l’intensificarsi dei bombardamenti su questa zona da parte dell’aviazione del regime.
Una guerra logorante, che sta entrando nel suo quarto anno e che ha mietuto più di 130mila vittime, tra cui molti civili. Una situazione disperata, che coinvolge centinaia di migliaia di persone che cercano rifugio nei Paesi limitrofi, e milioni di profughi interni che soffrono di una condizione umanitaria spaventosa. L’Occidente, avendo fallito i tentativi di mediazione intrapresi, forse cerca di aumentare la pressione psicologica sul regime diffondendo notizie su possibili interventi militari. La situazione non è cambiata molto rispetto ad un anno fa, e gli stessi motivi che avevano sconsigliato di fornire armi qualitativamente elevate ai ribelli (forte presenza di gruppi jihadisti) sono ancora in vigore . Così come imporre una zona di divieto di sorvolo o corridoi umanitari all’interno di una cornice internazionale risulta impossibile per l’opposizione russa, sempre tenacissima nel difendere non solo il regime, ma anche il suo presidente. Gli altri sostenitori di Asad, sia l’Iran che Hezbollah, non hanno fatto passi indietro per il momento, nonostante siano coinvolti in altri contesti politici che difficilmente però potrebbero influenzare il loro ruolo in Siria: il Partito di Dio fa parte del nuovo governo libanese, e l’Iran sta svolgendo nuove incerte trattative sulle sue ambizioni nucleari. Non sono in effetti venute meno le motivazioni confessionali e strategiche che li hanno spinti ad un intervento diretto.
Queste ultime notizie potrebbero quindi rappresentare esclusivamente il rifugiarsi in una guerra di disinformazione che logori ulteriormente un regime estenuato da una crisi economica devastante e da tre anni di guerra, nonostante gli ultimi successi militari e la riconquista di alcune zone perdute in precedenza volgano a suo favore. Oppure, è effettivamente iniziato un tentativo di forzare la mano ai russi e ai suoi alleati per scoprire quanto siano disposti a sacrificarsi sullo scacchiere siriano. Messe da parte le incertezze, si è deciso di intraprendere un intervento graduale in Siria, con mille cautele.
Le esperienze vissute dagli americani in Afganistan e Iraq, il caos imperante in Libia (solo ieri si è sfiorato il golpe militare) e la possibilità di creare una situazione ancora più esplosiva e contagiosa per tutto il M.O. fanno propendere per la prima ipotesi.
Foto: missile terra-aria Stinger