Repentini cambiamenti
Fino ad oggi sembrava che lo “Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIS) fosse la formazione armata in grado di influenzare il destino dello scontro in corso in Siria. Gruppo terroristico dominante in molte zone della Siria, come la città di Raqqa dove ha stabilito il suo quartier generale, la regione di Idlib e di Aleppo, è presente in Iraq nel governatorato di al-Anbar e quasi sul punto di controllarne due città importanti come Falluja e Ramadi. Molte fonti giornalistiche evidenziano come l’ISIS sia costituito principalmente da combattenti stranieri provenienti da Paesi arabi (Algeria, Tunisia, Iraq, penisola arabica) e non (Cecenia, Bosnia) e come sia una formazione ben armata e dotata d’esperienza, il cui obiettivo è la creazione di un califfato islamico che abbatta i confini nazionali creati in epoca coloniale, amministrato secondo rigidi principi religiosi.
Oggi invece le notizie dei giornali arabi (al-Hayat nello specifico) riportano diversi fatti che indicano un repentino crollo dell’ISIS. Infatti la sua sede a Raqqa è stata circondata ed i numerosi posti di blocco che delimitavano il suo territorio sono scomparsi. Si riportano notizie di scontri tra questo gruppo e il Jabhat al-Nusra (col quale in passato c’erano già stati dissapori, ricomposti dal capo di al-Qaeda, lo sceicco al-Zawahiri) e il Jabat al-Islamia. Sembra inoltre che ci siano trattative per giungere alla liberazione di importanti prigionieri in mano all’ISIS che il Jabhat al-Nusra vorrebbe scarcerare per acquistare credenziali di affidabilità ed allontanare le accuse di essere un gruppo terroristico interessato ad angariare la popolazione attraverso le violenze più atroci. Atrocità, come i due cadaveri con la testa mozzata venuti alla luce in alcune zone da cui l’ISIS si è ritirato (zona di Idlib).
Insomma, un ennesimo scontro all’interno dei gruppi armati che combattono per rovesciare il regime, anche se a volte seguono agende e obiettivi contrastanti.
Certo è che uno sconquassamento così repentino era impensabile fino a pochi giorni fa.
Le motivazioni potrebbero essere molteplici. Le prime impressioni riguardano appunto l’opposizione al dispotismo che l’ISIS aveva imposto e alla barbarie dei suoi tribunali, che facevano rimpiangere quelli del regime. La mancanza di consenso da parte della popolazione civile nei confronti di combattenti stranieri visti come occupanti. Da non sottovalutare poi la priorità data dall’ISIS alla formazione di un califfato, tradendo l’obiettivo principale della rivoluzione: la caduta del regime.