Riaprono alcune scuole ad Aleppo
In un articolo apparso oggi sul quotidiano al-Hayat (qui l’articolo originale), redatto dagli allievi della scuola “Generazione della libertà” di Aleppo, si parla della riapertura di alcune scuole nella zona di Aleppo.
La notizia rallegra, se non altro per il ritorno ad una parvenza di normalità nella vita quotidiana dei bambini. Anche se risale solo a domenica scorsa la tragica morte di 16 ragazzi a Raqqa, vittime del bombardamento della loro scuola.
“Human watch rights”, associazione a difesa dei diritti dell’uomo, al riguardo sostiene che bombardare le scuole, con l’inevitabile morte di numerosi studenti, costituisce una pratica adottata dal regime, il quale, tra l’altro, impiega bombe a implosione, il cui uso deve essere evitato nelle zone abitate, proprio per la loro caratteristica di non distinguere i diversi obiettivi. L’uso di queste armi contro le scuole è documentato da filmati e dalle ferite riportate dalle vittime, e coloro che commettono simili atti volontariamente, sono responsabili di crimini contro l’umanità. Mentre le discussioni sono incentrate sull’impiego di armi chimiche, il regime non si astiene quindi dall’usare armi altrettanto letali.
Ma, si diceva, riapertura di alcune scuole. Ecco alcune testimonianze dirette:
Abu Hussein, preside di una scuola nella zona industriale di Aleppo, sostiene che la riapertura sia positiva e, nonostante la guerra infuri a pochi chilometri di distanza, si percepisce un sentimento di vita normale. La riapertura era necessaria. Gli scolari infatti hanno perso un anno di studio poiché, nonostante fossero state avviate alcune scuole segrete da parte dell’opposizione, quelle pubbliche sono rimaste chiuse dal settembre 2012 a causa della battaglia di Aleppo. Le difficoltà comunque non mancano, in gran parte per la scarsità di materiale scolastico, soprattutto libri: sono pochi e per la maggior parte datati.
Abu Mohammad, preside di un’altra scuola del quartiere Masaken Hananu, sempre ad Aleppo, dice che, nonostante le difficoltà materiali, riportare i ragazzi a scuola evita che questi ultimi seguano costantemente gli sviluppi della guerra.
La scuola “Saif al-Daula”, invece, dista poche centinaia di metri dalla linea del fronte, ed è stata riaperta grazie all’aiuto della “Brigata al-Tauhid”, di ispirazione islamica. Ahmed Saleh, ex-studente di matematica diventato insegnante in questa struttura, ed il cui stipendio è di circa 44 dollari mensili, dice che i libri per la scuola arrivano di contrabbando dalle zone che sono ancora sotto il controllo del regime. Nonostante i bombardamenti, sono circa mille i ragazzi che frequentano questa scuola.
Ali, un altro insegnante, dice che, avendo chiuso le scuole segrete, si sono riaperti i vecchi edifici scolastici, svuotati in passato poiché in molti casi erano diventati ritrovi per le forze di opposizione e quindi oggetto di attacchi da parte del regime. Nel programma di insegnamento, continua Ali, ci sono la lingua inglese e quella araba, matematica e religione; non vengono insegnate invece né storia né geografia, in quanto i testi di riferimento non rappresentano altro che propaganda del regime e quindi non si vuole che gli scolari imparino le menzogne che loro stessi sono stati costretti ad apprendere.
L’ultima testimonianza è di Samir, che ricorda come prima della rivoluzione le scuole erano specializzate solo nell’inculcare la propaganda del regime. Sottolinea inoltre l’importanza della loro riapertura, che coincide anche con il ritorno di alcune persone fuggite ai bombardamenti lo scorso anno.