Un breve riassunto dei due editoriali….
Un breve riassunto dei due editoriali pubblicati ieri e oggi sul quotidiano al-Quds.
Il primo, uscito in data 23/06, porta la firma del suo direttore Abdel Bari Atwan e s’intitola “Il vento rovente della crisi siriana si avvicina gradualmente agli stati del Golfo”. In sintesi Atwan critica le decisioni prese a Doha dall’assemblea che riunisce gli stati amici della Siria, sostenendo che la decisione di armare l’opposizione siriana con armi efficaci e moderne porterà soltanto a radicalizzare lo scontro confessionale, trasferendolo anche all’interno di alcuni stati del Golfo dove la presenza sciita è marcata. Inoltre, gli alleati del regime non resteranno certamente inerti di fronte al cambiamento di equilibri sul campo, quindi c’e’ da presumere un ulteriore impegno e coinvolgimento di Russia, Iran ed Hezbollah. Altro risvolto degno di nota è rappresentato dalle parole di Hollande in visita a Doha. Sembra che la preoccupazione maggiore dell’Occidente sia la cacciata dalla Siria di ribelli ritenuti ideologicamente molto vicini, se non direttamente appartenenti, a gruppi terroristici, anziché la sconfitta e la cacciata di Assad. Tutte le fazioni coinvolte nella crisi siriana sembrano preoccuparsi dei propri benefici personali; la libertà e l’incolumità del popolo siriano rappresentano l’ultimo dei loro interessi. E’ quindi un controsenso parlare di soluzione politica e di conferenza di Ginevra volta a trovare una soluzione pacifica al conflitto, quando in realtà l’invio di armi non farà che aumentare il numero degli scontri e delle vittime.
Il secondo articolo è stato pubblicato ieri e porta il titolo “La striscia di Gaza prossima all’esplosione”. In seguito all’uccisione di un comandante della brigata al-Quds, braccio armato del Jihad islamico, si sono acuiti i contrasti tra quest’ultimo e Hamas, che governa la striscia di Gaza. Contrasti politici e non solo, insiti nella stessa natura dei due movimenti: mentre il primo non ha mai svolto un ruolo di governo (anzi ha sempre boicottato le elezioni) e si concentra sulla sua attività militare volta alla distruzione di Israele, il secondo ha un ruolo politico di primo piano, ha vinto le elezioni politiche e amministrative e, nonostante le sue battaglie contro Israele, grazie alla mediazione egiziana, ha stemperato la sua intransigenza, giungendo ad una tregua con il suo acerrimo nemico. Un altro punto di disaccordo è sorto ultimamente: il rapporto con la crisi siriana. Il Jihad islamico si mantiene neutrale e conserva uno stretto rapporto con Iran e Hezbollah, i suoi maggiori sostenitori; Hamas si schiera a favore dell’opposizione siriana, anche se questo significa interrompere i legami con gli stessi Iran e Hezbollah, suoi precedenti alleati. L’esito di questa antitesi si manifesta con il lancio da parte del Jihad islamico di missili verso gli adiacenti insediamenti israeliani, con la conseguente risposta militare di Israele, che colpisce la popolazione di Gaza. Il lancio di missili quindi, è un modo per sparigliare le carte, per manifestare il proprio dissenso e imbarazzo nei confronti dell’atteggiamento troppo remissivo di Hamas e per far pressioni su quest’ultimo. Questa situazione esplosiva si manifesta contemporaneamente alla crisi egiziana, con le forti proteste che sta subendo il presidente Morsi e l’indebolimento del suo partito dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas rappresenta la branca palestinese. Venendo meno il ruolo di sostegno da parte dell’Egitto, si creano le premesse per un degrado dello scontro. L’articolo si conclude con fosche previsioni per il futuro: mentre il mondo arabo si sta concentrando sulle conseguenze della crisi siriana che ormai sta investendo anche il Libano, passa inosservata la situazione di Gaza che sta invece attraversando una delicata fase di equilibrio.